“Eidetic Bush”, testo di Andrea Morucchio, 2003, ita

Eidetic Bush, testo catalogo, Tasmanian School of Art & Claudio Alcorso Foundation, Hobart, 2003
“La funzione della visione, che soddisfa il bisogno dell’anima di trovare posto nel vasto stato delle cose, è stata soppressa col risultato che abbiamo perduto l’accesso al magico mondo dei miti e dei simboli archetipali, al mondo del Tempo dei Sogni.”1

Il progetto Eidetic Bush è stato ispirato da una serie impressionante di incendi di foreste Australiane nell’estate del 2003. L’artista con una serie di azioni performative in alcuni boschi incendiati crea delle spirali sugli alberi carbonizzati modellando della creta bianca o incidendone la corteccia carbonizzata. Successivamente le immagini fotografiche del paesaggio dove ha avuto luogo il  “rito performativo” della creazione delle spirali vengono elaborate digitalmente e arricchite di altre spirali, cloni virtuali di quelle reali e indistinguibili da queste. Si ottiene così un video che retroproiettato su due grandi schermi fa sentire il visitatore dell’installazione nel mezzo della foresta incendiata.
Le spirali virtuali, accanto a quelle reali, appaiono e scompaiono sugli alberi e sembrano pulsare al ritmo della colonna sonora dell’installazione, la composizione musicale di Luigi Nono Caminantes…Ayacucho. Eidetic Bush è il risultato di una complessa dinamica creativa che utilizza mezzi espressivi antiteci - il semplice atto umano e la manipolazione digitale - e li fa interagire realizzando un’opera che tende a ripristinare la dimensione entro la quale il sacro e la natura sono tutt’uno con la vita, dove ogni atto diventa rito, dove la sacralità è data dalla fusione dell’immaginario umano legato alla natura con l’istinto, dove il legame originario, primordiale che rende l’uomo parte della terra è sacro. Eidetic Bush sottolinea il bisogno dell’uomo contemporaneo di riscoprire una dimensione ancestrale attraverso un’opera di “primitivizzazione” la cui funzione come scrive Kirk Varnedoe è “necessariamente antagonistica, di urto contro le tendenze conformiste e repressive della società occidentale allo scopo di riportare in vita l’energia anarchica dell’uomo primordiale.”2

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1 Suzie Gablik, The Reenchantment of Art, Thames and Hudson, New York, 1991
2 Kirk Varnedoe, Abstract Expressionism, Primitivism in 20th Century Art, The Museum of Modern Art, NY, 1984


“L’abilità eidetica eleva l’occhio della mente a parità con la sensazione visiva, dissolvendo i limiti tra l’immaginazione e la percezione, il mito e la realtà.
Essa produce rappresentazioni da considerare come intermediarie tra il soggettivo e l’oggettivo, tra l’inconscio razionale e l’esperienza individuale.”3 In Eidetic Bush il bosco incendiato è il luogo che stimola la capacità visionaria e l’atto creativo che la rappresenta.
Il fuoco ha trasformato i colori del bush in una monocromatica variazione di toni del grigio e ha sublimato ogni forma vivente creando una condizione caratterizzata da un silenzio primordiale in cui “ogni azione si arresta e dobbiamo rimetterci a uno stato dell’essere che avvolge e armonizza l’affermativo e il negativo, gli opposti, i contrari.”4  Nel silenzio del bush noi “sentiamo” e ciò è possibile perché siamo vicini allo spettrale, alla coscienza ancora inanimata o al divenire interiore.
“Tutte le immagini della spirale, dell’emergere della luce dall’ombra, esprimono idee di movimento, di ciclo, di durata, di passaggio da un modo di essere a un altro, il passaggio dall’ "informe", l’ombra, al "formato", la luce.”5 Modellare strisce di creta sugli alberi o inciderne la corteccia rappresenta il gesto espressivo di un essere pre-riflessivo che crea forme elementari di un’universalità archetipale quasi anonima frutto di quella che Kirk Varnedoe definisce “un’espressione istintiva dell’individuo senza un sistema rappresentativo, una creatività primordiale attestante energie producenti forme e che soppianta tutto quello che tradizionalmente si potrebbe chiamare tecnica.”6
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In genere si presume che la capacità di vedere apparizioni sia più comune tra i primitivi che non tra le persone civilizzate. Secondo Carl Jung, “i fenomeni psichici non si verificano meno frequentemente tra la gente civilizzata che non tra i primitivi. Sono certo che se un europeo dovesse sottoporsi agli stessi esercizi e alle stesse cerimonie condotte dallo sciamano per rendere visibili gli spiriti, proverebbe le stesse esperienze.”  _ Carl Jung, The Structure and Dynamics of the Psyche, Routledge & Kegan, London, 1960

“Lo spazio sacro è il luogo dove è resa possibile la comunicazione tra questo mondo e l’altro.”_ Mircea Eliade, Symbolism, the Sacred and the Arts, Crossroad, New York, 1986

3 Kirk Varnedoe, op. cit.
4 Aldo Giorgio Gargani, Una Nuova Formazione Estetica, Km/n, n1 Gennaio, 2001
5 Mircea Eliade, op. cit.
6 Kirk Varnedoe, op. cit.

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Le spirali sono create attraverso una gestualità elementare; un atto creativo e catartico di profonda empatia con la dimensione fuori dallo spazio e dal tempo del bush bruciato. Potrebbe essere l’espressione ritualistica di popoli antichi, dei quali si sono perse/distrutte le tracce, volta a creare uno spazio sacro di comunione, un’installazione che rappresenti lo sforzo di unire gli opposti e di articolare le polarità. L’artista primitivo come creatore di astrazioni che incarnavano l’ordine fondamentale della natura. Per Barnet Newman la forma e il contenuto dell’artista tribale erano  “dettati da una volontà ritualistica mirante a un’accezione metafisica.”7 
Ogni volta che le spirali digitali appaiono nella loro interezza è impossibile distinguerle da quelle create fisicamente nel bosco. L’incapacità di distinguere tra il segno creato da un gesto reale e una replica virtuale è essenziale in quanto E. B. è un progetto che mira a risvegliare la sensibilità che consente di rendere visibile l’invisibile, “di materializzare lo spirituale e di spiritualizzare la materia”. In sinergia con l’ambiente, le forme a spirale, che siano l’esito di un gesto reale o di una creazione digitale, “manifestano ai sensi dell’uomo il loro nucleo interiore tramite un’impronta esterna, una signatura rerum.”8

“Solo in un campo della nostra civiltà è stata preservata l’onnipotenza dei pensieri - il potere della magia omeopatica, o la fede dei Primitivi nel potere delle forze mentali di influenzare il mondo - e questo è nel campo dell’arte. Non c’è dubbio che l’arte non è cominciata come arte fine a se stessa. All’inizio è stata usata al servizio degli impulsi, che oggi nella maggior parte dei casi sono estinti.” _ Sigmund Freud, Totem and Taboo, W.W. Norton, New York, 1950

“L’investigazione delle radici subconsce della rappresentazione umana, il fascino per l’ideale del segno universale e la questione del nesso tra il passato profondamente irrazionale dell’uomo e la sua attuale cultura dominata dalla scienza sono difficilmente considerabili infatuazioni transitorie o indegne preoccupazioni per l’arte…questi più ampi e ricorrenti aspetti del primitivismo modernista hanno continuato a esistere come endemiche sfide alla cultura
moderna.” _ Kirk Varnedoe, op. cit.

“Fin dai tempi del pensiero predialettico, la funzione essenziale del simbolo è precisamente quella di rivelare le strutture del reale inaccessibili all’esperienza empirica.” _ Mircea Eliade, op.cit.

7 Barnet Newman, The First Man was an Artist, Tiger Eyes no.1, 1947
8Jacob Böhme, De Signatura Rerum, Stoccarda, 1620

La scelta della forma a spirale che si arrampica come un serpente sull’albero carbonizzato è stata del tutto istintiva e visionaria; in seguito ho scoperto che, “il mondo mitologico, come la società aborigena, era segregato in due grandi metà, da un lato il fuoco e dall’altro il serpente. Sebbene antagonistiche, incompatibili, rimangono simbolicamente ed emotivamente collegate tra loro in una dialettica di fuoco e di morte. Quella dialettica conferiva alla mitologia del fuoco aborigeno un potere speciale. Divideva l’universo tra bruciato e non bruciato e concedeva solo agli esseri umani il potere di dar forma a quell’universo sotto la guida dei loro totem e dei loro canti ancestrali.”9

La scelta del brano musicale Caminantes…Ayacucho di Luigi Nono come elemento sonoro della videoinstallazione è legata alla tensione visionaria della composizione, caratterizzata dalla dialettica creata tra i silenzi o i pianissimi e il repentino insorgere dei contrasti, l’erompere improvviso di un fortissimo e ai riferimenti all’esoterismo visionario di Giordano Bruno, in quanto il coro canta un brano tratto da De La Causa Principio e Uno. Nono che “Fondamentale è l’esperienza di disimparare, di non conoscere più quello che si conosce, di lasciare che l’oblio agisca in modo da poter compiere il rimaneggiamento imprevedibile dei sedimenti delle culture e dei credi attraverso i quali siamo passati.”10

“L’estetica consiste nella “risonanza” che lampeggia e che si accende creando rapporti determinati dai sensi tra gli oggetti e gli eventi che si stanno svolgendo, a cominciare da un ordine segreto all’interno della realtà. L’estetica è la luce fatta cadere su un aspetto di elementi coesistenti, ove un elemento genera il prossimo contro uno sfondo di segni in comune, lungo un percorso costituito da nessi segreti di “rimemorizzazione” per cui pensare è anche ricordare.” _ Aldo Giorgio Gargani, Una Nuova Formazione Estetica, Km/n, no.1 Gennaio, 2001

“Il gesto di Nono è rituale. È un soffio che scuote il suono dalla sua quiete, questo possibile suono si ritrasforma subito in silenzio: là esso cessa di essere. Una musica dove domina lo stupore scoperto non solo all’origine del pensiero, ma anche dell’emozione. Il mondo dell’immaginazione è quindi un ambito prelogico.” _ Renzo Cresti, Il Suono Nascente  per una Nuova Lettura Estetica, from L’Ascolto del Pensiero

9  Stephen J. Pyne, Burning Bush, H. Holt and Company, New York, 1991
10 Luigi Nono, Lecture at the Giorgio Cini Fundation, 1985

All’epoca dello sbarco degli Europei nel 1642, gli Aborigeni della Tasmania, grazie a un eccezionale isolamento durato 10.000 anni, possedevano la cultura materiale più elementare al mondo per cui era possibile stabilire il legame più intimo con la Terra e i suoi cicli. Prima di cadere vittime di uno dei genocidi più brutali e riusciti della storia della colonizzazione mondiale, gli Aborigeni della Tasmania, al massimo 4000 cacciatori-raccoglitori, rappresentarono l’espressione del legame più profondo e puro che l’uomo potesse stabilire con la natura, il legame originale, primordiale con cui l’uomo diventa parte della Terra e ogni suo gesto acquista una dimensione evocativa e di rito.

“Avevo immaginato che la mia ricerca del nesso spirituale dell’uomo con il territorio si sarebbe svolta nell’ambiente naturale incontaminato della Tasmania. Tuttavia la coincidenza della mia visita con la catastrofica ondata di incendi forestali durante le fasi di sviluppo del progetto Eidetic Bush nell’estate del 2003 mi ha dettato alcune riconsiderazioni molto significative su come meglio rappresentare un luogo che conduca a tali riflessioni.” La peggiore siccità della storia australiana, da quando iniziarono a tenere archivi attendibili di dati nel 1910, è l’effetto diretto del riscaldamento globale prodotto dall’uomo. Non solo, ma la distruzione causata dagli incendi forestali richiama metaforicamente la potenza distruttiva dell’abbattimento radicale delle antiche foreste. Sebbene la Tasmania sia uno degli ultimi rifugi della wilderness, ogni anno vengono disboscati circa 20 mila ettari di foreste naturali.